MFormazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA
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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2010-01-30L'ex premier britannico depone davanti alla Commissione d'inchiesta sull'intervento del 2003 "L'11 settembre cambiò tutto: i regimi con armi di sterminio andavano fermati" Blair difende la guerra in Iraq "Ma l'Iran oggi è più pericoloso" "Con Bush non ci fu alcuna cospirazione. Nessun rimpianto" I familiari dei soldati morti: "Ha agito per conto suo. E non chiede scusa" Blair difende la guerra in Iraq "Ma l'Iran oggi è più pericoloso"
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ST
DG Studio TecnicoDalessandro Giacomo 40° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE |
Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..
Il Mio Pensiero:
Come fa un ex Primo Ministro del Regno Unito a continuare ad ignorare quello che è sotto gli occhi del Mondo perché ormai fa parte della Storia:
Con la guerra in Iraq si è distrutto il Paese, strade, ponti, acquedotti, industrie, pozzi petroliferi provocando centinaia di migliaia di morti, e disivioni fratricide che non si rimargineranno per alcuni decenni.
Tutto ciò ancora Blair non lo capisce o fa finta di non capirlo.
Per. Ind. Giacomo Dalessandro
AVVENIRE per l'articolo completo vai al sito internet http://www.avvenire.it2010-01-30
29 Gennaio 2010 AGRICOLTURA Ogm, il Consiglio di Stato dà via libera alla coltivazione Lo Stato deve concludere il procedimento di istruzione e autorizzazione alla coltivazione di mais geneticamente modificato già autorizzato a livello comunitario senza attendere la decisione delle Regioni. Lo ordina il Consiglio di Stato nella decisione del 19 gennaio 2010 di cui si è avuto oggi notizia. "Il rilascio dell'autorizzazione alla coltivazione - spiegano i giudici amministrativi - non può essere condizionato alla previa adozione dei piani di coesistenza" che le Regioni devono adottare. La decisione del Consiglio di Stato costituisce una novità di tutto rilievo - commenta il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni -. Adesso l'Amministrazione ha novanta giorni per dare una risposta alle migliaia di agricoltori che vogliono sapere se è possibile o meno utilizzare anche in Italia le moderne biotecnologie di cui tutto il mondo, ma anche altri Paesi europei, usufruiscono". Sarà il maiscoltore friulano Silvano Dalla Libera, vicepresidente di Futuragra, l'associazione di imprenditori agricoli che si batte per l'introduzione delle biotecnologie e per la libera scelta degli agricoltori, il primo a poter seminare mais Ogm in Italia. Il Consiglio di Stato, al quale l'agricoltore aveva fatto ricorso perchè fosse riconosciuto il suo diritto a scegliere cosa seminare in forza della normativa comunitaria gli ha dato ragione. La sentenza n.183 del 19 gennaio 2010 stabilisce che il ministero delle Politiche agricole è tenuto a rilasciare l'autorizzazione alla semina di varietà iscritte al catalogo comune e ha fissato un termine di 90 giorni per il rilascio dell'autorizzazione. "La sentenza è inequivocabile: seminare Ogm è un diritto degli agricoltori e le linee guida sulla coesistenza non sono e non potranno essere un ostacolo all'innovazione, afferma Duilio Campagnolo, Presidente di Futuragra. Gli agricoltori hanno deciso e andranno avanti. Le associazioni di categoria facciano adesso la loro parte"
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CORRIERE della SERA
per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2010-01-30 contestazione dei manifestanti davanti al "Queen Elizabeth Centre" Blair depone sull'Iraq: "L'11/9 cambiò la nostra percezione di Saddam" L'ex premier davanti alla commissione di inchiesta: "Nessun accordo segreto con Bush per la guerra" LONDRA - Fuori, la contestazione dei pacifisti. Dentro, le domande sulla guerra in Iraq. Tony Blair depone davanti alla commissione di inchiesta che si sta occupando del conflitto contro Saddam Hussein. E tenta di spiegare le ragioni che spinsero la Gran Bretagna ad avviare le operazioni militare. "Fino all'11 settembre pensavamo che Saddam Hussein fosse un rischio e facemmo del nostro meglio per contenere quel rischio - spiega Blair. - Dopo gli attentati questa percezione degli Usa e della Gran Bretagna cambiò drammaticamente". "Saddam non c'entrava niente con al Qaeda e con l'11 settembre" gli fa notare Sir Roderic Lyne, membro della commissione. Ma Blair insiste: quelle stragi fecero crescere la paura che armi di distruzione di massa potessero essere usate contro l'Occidente. "Dopo l'11 settembre, se tu eri un regime che aveva a che fare con le armi di distruzione di massa, dovevamo fermarti: questa era l'idea della Gran Bretagna, non degli Usa". "L'opzione di rimuovere Saddam - aggiunge l'ex premeir - è sempre stata presente dopo l'11 settembre. Le opzioni erano semplici: c'era la possibilità di adottare sanzioni efficaci, inviare ispezioni o in alternativa rimuovere Saddam". Blair contestato Blair contestato Blair contestato Blair contestato Blair contestato Blair contestato Blair contestato Blair contestato NESSUN ACCORDO SEGRETO CON BUSH - Nei vari incontri con il presidente americano George Bush, racconta ancora Blair, "presi l'impegno di affrontare il caso Saddam". "Ho sempre pensato che l'Iraq sarebbe stato un posto migliore senza Saddam", prosegue, e con Bush eravamo d'accordo su "come assicurare che la minaccia delle armi di distruzione di massa fosse affrontata". Ma la mia, sottolinea l'ex capo del governo Blair, era "una posizione aperta". L'ex leader laburista sottolinea quindi le strette relazioni tra Londra e Washington, definendo l'11 settembre "non un attacco contro l'America, ma contro noi tutti". L'ex premier ha poi ha negato di aver mai stipulato "accordi segreti" con George W. Bush sull'intervento militare. Nell'audizione ha ricordato che dopo il famoso incontro con l'allora presidente americano in Texas, nell'aprile 2002, non fu fatto mistero che si fosse convenuto sulla necessità di risolvere il problema Saddam Hussein "con un metodo da decidere". Blair ha dunque difeso con forza la scelta di partecipare all'intervento militare. "Qui non si parla di una menzogna o di una cospirazione o di un inganno", ha insistito, "è una decisione. E la decisione che dovetti prendere era: data la storia di Saddam, dato il suo uso di armi chimiche, dato il milioni di morti che aveva già causato, dati i 10 anni di violazioni di risoluzioni Onu, possiamo prenderci il rischio di lasciare che quest'uomo ricostituisca i suoi programmi di armamenti o è un rischio che sarebbe irresponsabile prendersi?". IRAN PIU' MINACCIOSO DELL'IRAQ - L'Iran del 2010 rappresenta una minaccia superiore a quella posta dall'Iraq nel 2003. E' stta questa un'altra delle considerazioni dell'ex premier britannico davanti alla commissione d'inchiesta sulla guerra in Iraq. Denunciando il pericolo posto dal programma nucleare di Teheran e dai legami di quel paese con gruppi terroristici, "la mia opinione è che non si possono correre rischi in questa vicenda. Quando vedo questi legami con gruppi terroristici, direi che una gran parte della destabilizzazione nel Medio Oriente viene dall'Iran", ha notato. PROTESTE - L'ex premier è arrivato con quasi due ore di anticipo al Queen Elizabeth Centre, ed è entrato da un ingresso secondario per evitare le centinaia di manifestanti che si trovano di fronte all'edificio. Quando Blair ha iniziato a deporre i dimostranti hanno dato le spalle al palazzo, e un oratore ha iniziato a leggere nomi di civili e militari morti in Iraq. I manifestanti, apprendendo dell'arrivo dell'ex primo ministro, lo hanno accusato di "vigliaccheria" per essere "entrato furtivamente" nell'edificio. Il leader di un gruppo anti-guerra, Andrew Murray, ha detto al Guardian che "il modo vigliacco in cui è entrato nell'edificio rispecchia come l'ex primo ministro ha venduto la guerra al Paese, alle spalle dell'opinione pubblica". Sul posto sono dispiegati anche centinaia di poliziotti che formano diversi cordoni per tenere a distanza i manifestanti, giunti numerosi con cartelli che accusano Blair di essere un bugiardo, alcuni sfilano indossando una maschera che ricorda il volto di Blair e con le mani insanguinate, altri urlano: "Tony Blair dove sei! Vogliamo tirarti una scarpa" e ancora "criminale di guerra". Redazione online 29 gennaio 2010(ultima modifica: 30 gennaio 2010)
Il declino di un Leader La Commissione britannica che ha interrogato Tony Blair per sei ore sul suo ruolo nella guerra irachena del marzo 2003 non è un tribunale e non pronuncerà sentenze. Non sarebbe facile, comunque, dimostrare che Blair e Bush si erano accordati nel Texas per una guerra da farsi a tutti i costi, indipendentemente da qualsiasi tentativo negoziale. Ma il giudizio politico non ha bisogno di scranni, parrucche e banco degli imputati, secondo le liturgie della giustizia britannica. La vera punizione, molto più grave di una semplice sentenza, è la fine di una brillante carriera. Nel 2007, quando lasciò l’elegante casa georgiana di Downing Street, Blair mise in scena la propria partenza con l’abilità di un grande regista e iniziò da allora, con disinvoltura, due nuove carriere, abitualmente incompatibili. Sfruttò la fama conquistata negli anni precedenti per diventare conferenziere, guru di strategie mondiali, promotore di nobili cause, consigliere di un grande gruppo bancario, impresario di se stesso e della propria personale fortuna. Ma non rinunciò alla politica e trasferì le sue ambizioni dal campo nazionale a quello internazionale. Divenne inviato del Quartetto (l’organismo quadripartito incaricato di negoziare la soluzione della questione palestinese) e lasciò intendere che avrebbe accettato volentieri, dopo la ratifica del Trattato di Lisbona, la presidenza dell’Unione Europea. L’avrebbe ottenuta, forse, se gli impegni privati non fossero stati più numerosi delle sue visite a Gerusalemme e nei territori occupati, se il suo ruolo nella questione palestinese non fosse stato pressoché invisibile e se non avesse atteso qualche giorno, dopo lo scoppio della guerra di Gaza, prima di fare una frettolosa apparizione televisiva sui luoghi della crisi. È probabile che la sua deposizione di ieri, di fronte a una commissione d’inchiesta sulla guerra irachena, sia l’epilogo di una carriera costruita sull’immagine e sulla comunicazione piuttosto che sulla buona gestione della Cosa pubblica. I cantori della "terza via" dovranno fare qualche esame di coscienza. I sostenitori della guerra irachena dovranno leggere attentamente la deposizione di Blair e chiedersi se quel conflitto fosse davvero necessario. E noi tutti dovremmo chiederci se la società moderna non sia destinata a essere vittima delle sue illusioni. Eleggiamo i nostri leader nella speranza di essere governati da uomini che si sono dedicati alla buona amministrazione della Cosa pubblica. E scopriamo prima o dopo di avere scelto personalità attraenti, grandi maestri della comunicazione, ma incapaci di separare, nella loro vita, il pubblico dal privato. Non esiste soltanto un caso Blair. Esistono altri casi che vale la pena di ricordare brevemente. Il più recente è quello di Nicolas Sarkozy nella vicenda giudiziaria che ha visto un ex primo ministro, Dominique de Villepin, sul banco degli imputati per una imbrogliata vicenda di tangenti, conti segreti e rivalità politiche. Quando decise di costituirsi parte civile nel processo contro Villepin, Sarkozy voleva regolare i conti con un uomo di cui era stato amico eministro. Voglio credere che lo abbia fatto nella convinzione di essere stato ingiustamente calunniato. Ma ha proclamato Villepin colpevole ancora prima dell’inizio del processo e ha dimenticato di essere capo dello Stato, presidente del Consiglio superiore della magistratura, custode e garante della legalità nazionale. Ha preferito considerarsi parte offesa e fare una battaglia personale. L’assoluzione di Villepin, quindi, non sconfigge soltanto l’uomo, ma anche e soprattutto il presidente. Se il pubblico ministero, come sembra, ricorrerà in appello contro l’assoluzione, molti francesi giungeranno alla conclusione che Sarkozy continua a ignorare le esigenze del suo ruolo pubblico. Le disavventure giudiziarie del suo predecessore sono più tradizionali. Terminato il suo secondo mandato, Jacques Chirac deve difendersi in un’aula di tribunale dall’accusa di avere utilizzato le risorse del Comune di Parigi, negli anni in cui fu sindaco, per rafforzare i quadri del suo partito. Si parla, in altre parole, di finanziamenti illegali, una categoria con cui gli italiani hanno grande familiarità e che molti considerano, tutto sommato, perdonabile. Ma l’immagine di Chirac sarebbe migliore se l’ex presidente non abitasse, dopo la fine del mandato, nell’appartamento parigino di Rafik Hariri, il ricco uomo politico libanese ucciso a Beirut: un’amicizia, quella tra Chirac e Hariri, che ha spesso suscitato sorrisi e sospetti. E veniamo infine al caso di Gerhard Schröder, cancelliere tedesco dal 1998 al 2005, grande amico di Vladimir Putin, autore insieme all’amico russo di un progetto per la costruzione di un grande gasdotto che correrà sotto il mare del Nord e garantirà alla Germania una posizione privilegiata nel grande mercato europeo dell’energia. Ho sempre pensato che Schröder abbia fatto in tal modo gli interessi del suo Paese e dell’Europa. Ma ha fatto contemporaneamente anche i suoi personali interessi. Con una disinvoltura superiore a quella di Blair, non ha perso un giorno, dopo la fine del suo mandato, per passare dalla Cancelleria tedesca alla presidenza del consorzio costituito per la costruzione del gasdotto. Non esiste quindi soltanto un caso Blair. Esiste anche il problema di una generazione politica che sembra avere perso di vista la separazione tra ciò che è pubblico e ciò che è privato. Qualche lettore potrebbe osservare a questo punto che non ho parlato dell’Italia. Risponderò che ne parliamo tutti i giorni. Oggi ci siamo concessi un giorno di vacanza e parliamo dei casi altrui. Sergio Romano 30 gennaio 2010 |
REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.repubblica.it2010-01-30 L'ex premier britannico depone davanti alla Commissione d'inchiesta sull'intervento del 2003 "L'11 settembre cambiò tutto: i regimi con armi di sterminio andavano fermati" Blair difende la guerra in Iraq "Ma l'Iran oggi è più pericoloso" "Con Bush non ci fu alcuna cospirazione. Nessun rimpianto" I familiari dei soldati morti: "Ha agito per conto suo. E non chiede scusa" Blair difende la guerra in Iraq "Ma l'Iran oggi è più pericoloso" L'ex premier britannico Tony Blair LONDRA - Con l'11 settembre cambiò tutto, compresa la percezione della minaccia rappresentata da Saddam Hussein. E la decisione di muovere guerra in Iraq viene rivendicata fino in fondo, "senza alcun rimpianto" da Tony Blair. Questa la linea esposta dall'ex premier britannico per giustificare l'intervento militare del 2003 nell'audizione davanti alla Commissione d'inchiesta sulla guerra in Iraq. Blair ha spiegato che in molti altri leader europei non trovò una percezione analoga della minaccia posta da "un regime brutale" che poteva avere accesso ad armi di sterminio. Durissima la reazione dei familiari dei soldati britannici rimasti uccisi nel conflitto, presenti all'udienza che hanno definito Blair "compiaciuto", "poco rispettoso", e con "il suo solito ghigno". Un membro della commissione d'inchiesta, Sir Roderic Lyn, ha ribattuto che "Saddam non c'entrava niente con al Qaeda e con l'11 settembre". La guerra in Iraq, dove Londra inviò 45mila uomini, resta uno dei momenti più controversi nei 10 anni di Blair alla guida del governo britannico e gran parte dell'opinione pubblica ritiene che l'intervento fu sbagliato e basato sull'erroneo presupposto che Saddam disponesse di armi di sterminio. L'audizione. "Fino all'11 settembre pensavamo che Saddam fosse una minaccia, un mostro che rappresentava un rischio e facemmo del nostro meglio per contenerlo", ha raccontato Blair, "dopo gli attentati questa percezione degli Usa e della Gran Bretagna cambiò drammaticamente". "Dopo l'11 settembre, se tu eri un regime che aveva a che fare con le armi di sterminio dovevamo fermarti e questa era l'idea della Gran Bretagna, non degli Usa", ha sottolineato. Nell'aprile 2002 "dissi al presidente Bush che la Gran Bretagna avrebbe affrontato insieme agli Usa la minaccia, posta da Saddam, con le sanzioni, le ispezioni e, se si fosse arrivati a quello, con la forza militare", ha rievocato.
La protesta. Blair, giunto con quasi due ore di anticipo al Queen Elizabeth Centre per le due audizioni del mattino e del pomeriggio, è entrato da un ingresso secondario per evitare i circa duecento manifestanti e parenti di caduti in Iraq assiepati all'entrata. I dimostranti, che issavano cartelli come "Criminale di guerra", hanno poi dato le spalle all'edificio durante l'audizione, durata sei ore, e uno di loro ha letto i nomi di civili e militari morti in Iraq. Il pericolo Iran. L'ex premier, ora inviato del Quartetto per il Medio Oriente, si è soffermato sulle minacce alla stabilità regionale che ora a suo avviso arrivano soprattutto dall'Iran e da realtà come Afghanistan, Yemen e Somalia dove ci sono "legami molto forti" tra le organizzazioni terroristiche e i Paesi che li ospitano. L'Iran del 2010, ha detto Blair, è più pericoloso dell'Iraq del 2003. Denunciando il pericolo posto dal programma nucleare di Teheran e dai legami di quel paese con gruppi terroristici, "la mia opinione è che non si possono correre rischi in questa vicenda", ha ammonito, lasciando intendere che ogni opzione dev'essere lasciata aperta. "Quando vedo questi legami con gruppi terroristici, direi che una gran parte della destabilizzazione nel Medio Oriente viene dall'Iran". Il patto con Bush. Blair ha negato di aver mai stipulato "accordi segreti" con Bush sull'intervento in Iraq. E ha ricordato che dopo il famoso incontro con l'allora presidente americano in Texas, nell'aprile 2002, non fu fatto mistero che si fosse convenuto sulla necessità di risolvere il problema Saddam "con un metodo da decidere". Blair ha difeso con forza la scelta di partecipare all'intervento. "Qui non si parla di una menzogna o di una cospirazione o di un inganno", ha insistito, "è una decisione. E la decisione che dovetti prendere era: data la storia di Saddam, dato il suo uso di armi chimiche, dato il milioni di morti che aveva già causato, dati i 10 anni di violazioni di risoluzioni Onu, possiamo prenderci il rischio di lasciare che quest'uomo ricostituisca i suoi programmi di armamenti o è un rischio che sarebbe irresponsabile prendersi?". In conclusione, "nessun rimorso" per aver avviato la guerra al fianco degli Usa. La reazione dei familiari dei soldati morti. "Si sta dimostrando molto sicuro delle sue idee, e questo ce lo aspettavamo", ha detto Sarah Chapman, sorella del sergente Bob O'Connor, caduto cinque anni fa mentre era di stanza in Iraq. "Ma appare ormai chiaro che non ha condiviso tutti i documenti con gli altri ministri del Gabinetto nei mesi che hanno preceduto la guerra. Sono disgustata. E' ovvio che ha agito per conto suo", ha aggiunto. "Io chiedo solo che mi guardi negli occhi e mi dica che gli dispiace", ha dichiarato invece Theresea Evans, madre del 24enne Llywelyn, morto nel 2003 in seguito all'abbattimento del suo elicottero. "Invece Blair sfoggia il solito ghigno". Ancora più dure le parole di Andrew Murray, presidente dell'associazione pacifista Stop the War Coalition. "Le vere domande a cui Blair deve rispondere dovrebbero essere quelle del tribunale dell'Aia per crimini di guerra". "E' un attore consumato - ha proseguito - ma credo che la maggior parte delle persone abbia ormai riconosciuto il suo copione". (29 gennaio 2010)
The Guardian rivela colloqui segreti con alcuni comandanti ribelli per un accordo di pace E Karzai li invita a una conferenza tra gli anziani di tutte le tribù del Paese Afghanistan, colloqui esplorativi tra inviati Onu e leader Taliban Afghanistan, colloqui esplorativi tra inviati Onu e leader Taliban Karzai col principe Carlo a Londra per il vertice mondiale sull'Afghanistan KABUL - Un inviato delle Nazioni Unite avrebbe condotto segretamente colloqui esplorativi con alcuni comandanti Taliban per delineare i termini di un accordo di pace. Lo rivela oggi il quotidiano britannico The Guardian. I comandanti regionali della Quetta Shura si sono incontrati con Kai Eide, rappresentante Onu in Afghanistan, l'8 gennaio scorso a Dubai, in Arabia Saudita. "Hanno chiesto un incontro per avviare dei colloqui, vogliono protezione, non vogliono finire in posti come Bagram (il centro di detenzione presso la base militare Usa di Kabul, ndr.)", Riferiscono fonti delle Nazioni Unite. Si tratta del primo incontro del genere e a questo livello, precisa il quotidiano britannico, sottolineando come ciò possa rappresentare, per la prima volta in nove anni, una certa fiducia nelle organizzazioni internazionali da parte di alcuni gruppi talibanebani. E qualcosa sembra muoversi anche sul fronte interno. I leader Taliban decideranno a breve se partecipare ai colloqui di pace con il governo afghano rispondendo così all'invito del presidente Hamid Karzai di prendere parte ad una 'loya jirga', una conferenza di pace tra gli anziani delle tribù del paese, nel tentativo di avviare un processo di pacificazione nazionale. Lo ha affermato un portavoce taliban Qari Mohammad Yousuf. "Non posso dire nulla su questi colloqui. La leadership talebana deciderà presto se prendervi parte o meno". (29 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Esteri
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L'UNITA' per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.unita.it2010-01-30 Blair difende la guerra in Iraq. Le ombre di una carriera un tempo luminosa Tony Blair ha negato di aver mai stipulato "accordi segreti" con George W. Bush sull'intervento militare in Iraq. Nell'audizione davanti alla Commissione britannica che indaga sull'invasione del 2003, l'ex premier ha ricordato che dopo il famoso incontro con l'allora presidente americano in Texas, nell'aprile 2002, non fu fatto mistero che si fosse convenuto sulla necessità di risolvere il problema Saddam Hussein "con un metodo da decidere". Blair ha difeso con forza la scelta di partecipare all'intervento militare. "Qui non si parla di una menzogna o di una cospirazione o di un inganno", ha insistito, "è una decisione. E la decisione che dovetti prendere era: data la storia di Saddam, dato il suo uso di armi chimiche, dato il milioni di morti che aveva già causato, dati i 10 anni di violazioni di risoluzioni Onu, possiamo prenderci il rischio di lasciare che quest'uomo ricostituisca i suoi programmi di armamenti o è un rischio che sarebbe irresponsabile prendersi?". dImmediata la reazione ei familiari delle vittime. Compiaciuto", "poco rispettoso", "sfoggia il suo solito ghigno": i familiari dei soldati britannici rimasti uccisi nel conflitto iracheno voluto da Tony Blair - alcuni di loro sono presenti all'udienza - bocciano senza appello l'ex primo ministro. Nel mentre, una drappello di circa 200 protestanti staziona all'ingresso del Queen Elizabeth Conference Centre, dove si tiene l'inchiesta sull'Iraq. "Si sta dimostrando molto sicuro delle sue idee, e questo ce lo aspettavamo", ha detto Sarah Chapman, sorella del sergente Bob ÒConnor, caduto cinque anni fa mentre era di stanza in Iraq. "Ma appare ormai chiaro che non ha condiviso tutti i documenti con gli altri ministri del Gabinetto nei mesi che hanno preceduto la guerra. Sono disgustata. È ovvio che ha agito per conto suo", ha aggiunto. "Io chiedo solo che mi guardi negli occhi e mi dica che gli dispiace", ha dichiarato invece Theresea Evans, madre del 24.enne Llywelyn, morto nel 2003 in seguito all'abbattimento del suo elicottero. "Invece Blair sfoggia il solito ghigno". Davanti ai membri della commissione d'inchiesta Tony Blair ha rivissuto il passaggio più delicato della sua carriera: andare in guerra. L'Iraq, infatti, segnò l'inizio del declino politico del giovane segretario del partito laburista britannico. Che da stella della sinistra europea si è trasformato in un anti-eroe dal ruolo incerto, interessato solo a guadagnare - e spendere - quattrini. Chi è oggi Tony Blair? Ufficialmente è l'inviato del Quartetto in Medio Oriente: dovrebbe lavorare alla soluzione dell'eterno conflitto israelo-palestinese. Un incarico di 'rappresentanzà. Che l'ex premier ha preso con energia ma che di fatto ha prodotto pochi risultati concreti. Ecco quindi farsi largo la tentazione del gran ritorno: questa volta sotto le spoglie di primo presidente della UE versione trattato di Lisbona. Un posto che Blair, in più occasioni, aveva liquidato come non corrispondente ai suoi interessi. Alla fine, però, l'ex premier britannico ci ha provato - seppure con distacco - e si è visto rifiutare la poltrona proprio a causa della guerra in Iraq, che a suo tempo provocò una spaccatura profonda nel cuore dell'Europa. Tutta un'altra storia, invece, sul fronte degli affari. Qui niente smacchi ma un cumulo di successi - e di denaro. Oratore da 6mila sterline al minuto, Blair - tra consulenze e anticipo per il suo libro di memorie - è riuscito a mettere da parte oltre 15 milioni di sterline da quando ha riconsegnato le chiavi di Downing Street. Abbastanza per farne l'ex premier più ricco che abbia mai calcato la scena. Lo stile "Blair il nuovo" non è piaciuto nè ai sudditi di sua Maestà nè a quotidiani e tabloid, che non lo perdono mai d'occhio - specie quando va in vacanza. Lo scorso Ferragosto lo pizzicarono in un parco di Bali mentre si godeva un'escursione a dorso d'elefante. Una gita costata 75 sterline durante la quale i coniugi Blair hanno assistito alle performance degli elefanti del parco, tra cui anche una 'partita di calciò - scatenando le proteste inferocite degli ambientalisti. 29 gennaio 2010 |
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